Denti e cure: un sostegno ai più deboli

Denti e cure: un sostegno ai più deboli

di Massimo Corradini

Il 5 ottobre scorso il consiglio provinciale ha bocciato il Disegno di Legge n. 35/2014 (proponente Kaswalder e altri), per modificare la legge provinciale n. 22/2007 di Assistenza Odontoiatrica nella provincia di Trento: proponeva il potenziamento del ruolo dei dentisti libero-professionisti privati (modello indiretto), rispetto al vigente assetto.

Assetto che attualmente prevede sì il dentista libero-professionista, ma accreditato e convenzionato diretto, accanto al dentista pubblico degli ambulatori dell’Apss e degli ospedali. Va preliminarmente precisato che i fruitori sono solo i residenti deboli, per età, patologie e reddito e che la proposta respinta non mirava a variare questo assetto.
A mio modo di pensare il disposto locale, che la politica ha deciso di mantenere, è un modello che andrebbe esportato in tutta Italia, come esempio di buona-sanità derivata dall’Autonomia.

Solo nel nostro Trentino, accanto ai rigidi Lea (Livelli essenziali di assistenza) nazionali che prevedono praticamente solo la gestione delle urgenze, è prevista anche l’assistenza gratuita a tutti i bambini residenti, primariamente con progetti di prevenzione e cure precoci, ma anche cure ai soggetti deboli economicamente accertati con Icef e a quelli affetti da particolari patologie. Vengono offerte anche le cure protesiche (fisse e mobile) e l’ortodonzia (apparecchi) fino ai 18 anni. Negli ospedali vengono erogate le prestazioni chirurgiche. Una sorta di servizio completo suddiviso tra pubblico e privato accreditato/convenzionato, una nuova figura che potrebbe evolvere nel «dentista di base».

La legge compie quest’anno i dieci anni, ma è ancora poco conosciuta dall’utenza e soprattutto ancora incomprensibilmente indigesta a una componente della categoria professionale dei dentisti.
Poco dopo il suo nascere la Legge 22 è stata oggetto di ostacoli al suo armonico sviluppo, nonostante sia un modello invidiatoci in tutta l’Italia.
Una consistente componente dei dentisti avrebbe invece voluto - e vorrebbe tutt’ora - l’«assistenza indiretta» in nome dell’alleanza terapeutica, mediante contributo direttamente al paziente della quota da tariffario della Provincia, ma sulla base del tariffario privato che deve essere anticipato in toto.

Così rischiando di trasformare la legge destinata a utenti deboli in legge per dentisti e comunque svilendo la ratio assistenziale della legge a mero contributo economico. Senza pensare all’ipotesi di trust tariffario che ne conseguirebbe e nemmeno considerando che rapidamente il tariffario sociale sarebbe monopolizzato dalle catene dentati low-cost, gestite da interessi di capitale, che sbancherebbero il mercato privato, poiché uniche in grado di adeguare propagandisticamente le tariffe a quelle sociali proposte dalla Provincia.

A dire il vero l’assistenza indiretta è già prevista nella legge ed entra in funzione quando la diretta non risponde in 45 giorni, previo nulla-osta dell’Apss. È però sottoutilizzata dall’utenza, non tanto per la burocrazia, ma quanto per la soddisfazione ricevuta e la qualità percepita in regime diretto; i dentisti convenzionati sono preventivamente accreditati dalla Provincia, superando le verifiche di qualità applicata. Inoltre l’utenza economicamente debole spesso non ha neppure la possibilità economica di anticipare e soprattutto di liquidare le differenze tariffarie proposte dalla libera-professione. Poi, negli anni, si sono anche levate critiche alla Legge 22 perché privilegiante le cure e le prestazioni protesiche, trascurando la prevenzione. A dire il vero anche l’attività di prevenzione è già prevista nella legge e pure già applicata dalle strutture pubbliche dell’Apss con il coinvolgimento degli ospedali e degli igienisti dentali laureati.

L’ostilità ambientale oggi si riversa sull’intero progetto: ne soffre soprattutto l’utenza ma anche ne soffre quel contingente di medici dentisti convenzionati, ormai una quarantina, che operano con serietà ma senza serenità per il modello assistenziale sociale. Ne soffre la comunità intera che, a medio termine, si troverà priva di dati oggettivi e scientificamente validabili circa l’incidenza di patologie dentali in età evolutiva, essendo stato messo in un cassetto il Pip (Piano di prevenzione individuale) a 3 anni.

E c’è da aggiungere che tra le due componenti, quella pro e quella contro alla Legge 22, non è mai, dicasi mai, avvenuto un confronto nell’opportuna sede istituzionale: l’Ordine professionale. Amministrazione sussidiaria dello Stato che l’ha sempre contrastata, anziché, come a mio avviso le competerebbe, promuoverne l’applicazione. Infatti, per due volte consecutive in dieci anni, ha promosso direttamente due identici disegni di modifica della legge. Il primo tramite il consigliere Civettini già nel 2010 e, dopo che venne bocciato dal precedente consiglio provinciale, il secondo riproposto papale-papale nel 2014 con Kaswalder. Anche quest’ultimo è stato rigettato definitivamente dal consiglio provinciale, appunto pochi giorni fa.

Ma il doppio fallimento non ha evidentemente calmato i detrattori del modello assistenziale trentino Legge 22. Nonostante la giunta provinciale, forse per contropartita, abbia con loro avviato un parallelo progetto di «prevenzione odontoiatrica privata», ma supportata, con tanto di delibera, da fondi pubblici le cui modalità di erogazione sono ancora piuttosto incomprensibili, quanto discutibili.

I dentisti convenzionati però, per mantenere attivo il servizio sociale svolto, rimangono pazientemente in attesa di un loro rinnovato coinvolgimento con un ruolo attivo e non più solo di facciata, proprio alla luce delle definitive decisioni assunte dal consiglio provinciale in questa legislatura, che ha autonomamente scelto il mantenimento del modello attuale Legge 22 di assistenza odontoiatrica.

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