Digiuno, una «difesa» molto efficace

Digiuno, una «difesa» molto efficace

di Michele Pizzinini

Negli ultimi anni si è sviluppato, anche in ambito scientifico, un ampio dibattito sugli effetti del digiuno e sono stato sollecitato da un lettore ad esprimere un mio parere in merito all'efficacia terapeutica del digiuno. Da sempre, per capire la finalità di certi complessi processi metabolici, il mio punto di riferimento è il mondo animale.

Questo perché ricordo sempre che noi siamo semplicemente degli animali che viviamo nelle case, portiamo i vestiti, calziamo le scarpe, mangiano tre volte al giorno, ma abbiamo gli stessi meccanismi biologici che regolano la vita di tutti gli altri mammiferi. Partendo da questo presupposto è facilmente intuibile che anche l'uomo, nel corso della sua evoluzione, chissà quante volte ha dovuto sopportare giorni di digiuno e probabilmente in seguito ad eventi atmosferici avversi, come lunghe siccità o inverni particolarmente rigidi, ha patito anche periodi di mancanza di cibo molto prolungati. Dunque anche noi, come gli animali, siamo programmati per affrontare il digiuno, breve o lungo che sia.

In tutte le principali religioni il digiuno ha sempre avuto una valenza simbolica di «purificazione». Si dice che Mosè abbia digiunato per 40 giorni prima di ricevere le famose tavole della Legge e altrettanto Gesù prima di iniziare la sua vita pubblica, ed ancora oggi, nella religione cristiana, sono previsti alcuni giorni di digiuno purificatore, ad esempio il giorno delle Ceneri dopo il carnevale. I musulmani praticano il digiuno dall'alba al tramonto durante il mese del Ramadan, e anche per i buddisti il digiuno è una pratica per raggiungere un livello spirituale più elevato. Anche in politica, da Gandhi al nostro Pannella, il digiuno è stato spesso utilizzato come forma di protesta contro i potenti.

In sostanza praticare qualche giorno di digiuno non è niente di traumatico per il nostro corpo, e andiamo a vedere quali potrebbero essere invece i risvolti benefici. L'aspetto interessante, emerso negli ultimi anni, è che si è osservato che quando l'organismo si trova in una condizione di carenza energetica attiva l'autofagia. Questa strana parola significa letteralmente «mangiare se stessi». L'autofagia è un meccanismo presente in tutti gli essere viventi, dai più semplici come i moscerini ai più complessi come l'uomo, che si innesca dopo almeno 16-18 ore di mancanza di cibo e che stimola le cellule ad utilizzare a scopo energetico proteine, strutture e corpuscoli cellulari deteriorati ed inutilizzati.

Facciamo un esempio. Immaginiamo di dover riscaldare una casa in pieno inverno ma abbiamo finito il denaro per acquistare il combustibile. Piuttosto che morire di freddo andiamo in cantina ed incominciamo a bruciare nel caminetto tutte le cose inutili che abbiamo accumulato per anni. A qual punto andranno benissimo carta, imballaggi, riviste e tutte le masserizie, dai mobili vecchi ad attrezzi di legno inutilizzati e tutto quello che ci capiti per mano e che possa essere bruciato. Potrebbe essere un'ottima occasione per fare una pulizia radicale in casa!

Inoltre, in condizioni di ristrettezza economica, incominceremmo a risparmiare su tutto e invece che sostituire un qualsiasi suppellettile che si sia rotto in casa, lo aggiustiamo. Ad esempio se si rompe la radio, la cerchiamo di riparare, se si rompe un mobile o un piatto li cerchiamo di aggiustare e così via. Altrettanto capita al nostro organismo che dopo anni e anni di eccessi calorici, oltreché tantissimo grasso, ha accumulato così tante strutture cellulari inutili, difettose o danneggiate da rivelarsi ingombranti se non anche dannose per la vita della cellula. L'organismo attiva una specie di riciclaggio: smantella alcune strutture, le ripara e quelle che non si possono più aggiustare le converte in energia.

Un po' quello che facciamo noi con la raccolta differenziata dei rifiuti: separiamo la carta, il vetro, i rifiuti organici e gli imballaggi e li avviamo al riciclaggio e quello che non può più essere riutilizzato è avviato all'inceneritore. In sostanza l'organismo stimolato dal digiuno ripara meglio le cellule e gli organi e «brucia» le cose inutili. Entra così in una «modalità di risparmio energetico» che si è rivelata fondamentale nel rallentare tutti i processi degenerativi legati all'invecchiamento.

È da quasi ottant'anni che sappiamo che il sistema più efficace per rallentare l'invecchiamento è la restrizione calorica. Si è valutato che mangiare un 30 % in meno delle calorie di cui avremmo bisogno, assicurando però un ottimale apporto dei principi nutritivi, dalle vitamine, ai sali minerali e quant'altro ci allungherebbe la vita, in buona salute, di almeno 25-30 anni. La novità dell'ultimo decennio è che si è osservato che anche il digiuno, praticato nelle dovute modalità, assicura lo stesso vantaggio. La prossima settimana vedremo come utilizzare al meglio questa efficace «medicina» contro le malattie dell'eccessivo benessere.

Michele Pizzinini
Specialista in Scienza dell'alimentazione
info@michelepizzinini.it

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