Valdastico: arretramento politico e culturale

Valdastico: arretramento politico e culturale

di Massimo Occello

Lo scorso 1 agosto Marco Boato, leader storico dei Verdi, ha scelto il Corriere del Trentino per fare sentire la sua voce. Scrive poco sui giornali  ultimamente Marco, ma quando lo fa è piacevole e istruttivo leggerlo, anche perché, nel panorama di nani che ci circonda, la sua voce risuona come quella di un gigante politico. Nonostante alcune sue gesta e amicizie giovanili, che non ho mai amato.
«Non c’è dubbio che in Trentino stiamo attraversando una fase politica turbolenta, che non sembra destinata a chiudersi rapidamente (...) Nonostante le elezioni provinciali dell’ottobre 2013 abbiano sancito con largo margine di consenso l’elezioni di Ugo Rossi alla presidenza della Provincia e la vittoria del centrosinistra autonomista..., da quasi due anni si sta vivendo una fase di perenne fibrillazione politica».
E aggiunge: «Sulla priorità del progetto di governo della coalizione...sembrano prevalere in modo ricorrente le spinte centrifughe delle rivalità tra le principali forze politiche, le velleitarie propensioni egemoniche di ciascuna sulle altre, le ancor più velleitarie ambizioni delle singole leadership di singoli personaggi politici, quasi che la campagna elettorale non si fosse mai conclusa o addidittura quasi che si fosse già aperta la successiva campagna, con oltre tre anni di anticipo».

Una fotografia ad alto grado di definizione, che continua lucidamente su questi toni entrando in un’analisi delle debolezze dei singoli partiti, che qui ci interessa solo come sfondo. Critica la «bruciatura» anticipata di Giulia Robol nel Pd; prefigura quella prossima di Donatella Conzatti nell’Upt; bolla come «illusione» il tentativo del Patt di divenire un «partito di raccolta» di stampo sudtirolese, e via così. Un panorama di «dilacerazioni» e lotte intestine per il potere.
Dopo un passaggio «sull’esautoramento di Donata Borgonovo Re», molto duro con il Pd «spaccato e imbelle», Boato entra deciso sul tema della Valdastico: «questione che nel frattempo si è inopinatamente riaperta; del tutto estranea al programma di Ugo Rossi e della coalizione del centrosinistra autonomista. Una questione che ci riporta indietro di quarant’anni (si chiamava «Pi-Ru-Bi» dal nome dei tre leader della Dc dorotea -Piccoli, Rumor e Bisaglia- degli anni ‘70) rimettendo in discussione scelte strategiche rispetto al nostro «modello di sviluppo» e «disconoscendo le linee di fondo della Convenzione delle Alpi in materia trasportistica» (che prevede di privilegiare  la modalità ferroviaria-molto meno impattante- per il loro attraversamento n.d.r.)
«E tutto questo senza che ci sia stata una sola riunione della coalizione politica (che comprende anche i Verdi e altri, pur non presenti in Consiglio provinciale) per discutere collegialmente dell’argomento. Facile prevedere che ci potranno essere effetti politici devastanti di fronte ad un simile arretramento politico e culturale».

La cosa un po’ strana è che i maggiori fautori della Valdastico autostradale sono sempre stati dalle parti della destra, sia nel Governo centrale sia in quelli regionali interessati.

I grandi sponsor erano Berlusconi, la Lega, Alleanza nazionale (sia quando esisteva, sia quando confluì nel Popolo delle Libertà). A livello provinciale si è speso, più di recente, Progetto Trentino. Forze che appoggiavano - oltre che interessi di campanile o di valle - un aggregato trasversale di interessi: artigiani, commercianti, autotrasportatori, i industriali, costruttori, albergatori, studi di ingegneria ecc.  A questi interessi per anni si era opposto vivacemente e con successo un Centro Sinistra sostanzialmente omogeneo all’attuale, con argomenti legati soprattutto alla tutela dell’ambiente, alla contrarietà delle popolazioni interessate all’attraversamento, al rispetto delle convenzioni alpine.

Nessuno però, né a destra né a sinistra, ha mai parlato chiaramente al Popolo sovrano di storia e di soldi. Forse merita farlo, perchè lì  potremmo trovare qualche spiegazione al  repentino cambio di strategia.
Flaminio Piccoli (Trento), Mariano Rumor (Vicenza), Toni Bisaglia(Rovigo). Tre potenti della prima Repubblica immaginarono negli anni 70 di creare un collegamento veloce tra i loro feudi. Caddero prima di farcela, ma lasciarono un legato testamentario ai più sconosciuto. Una concessione dello Stato a realizzare e gestire l’opera, in capo alla società autostradale Brescia-Padova. Che ha sede a Verona. Da allora, per circa trent’anni, nessuno si  curò sul serio del  progetto. Perché non interessava più di tanto, e soprattutto costava troppo. Questo è il primo punto del ragionamento: l’idea della Valdastico è nata in un periodo lontano, molto diverso da quello attuale. Per esempio c’erano ancora le frontiere in Europa, l’Urss, la guerra fredda. Ed era una idea  da tempo dichiarata morta.

Nella seconda metà degli anni 2000, Berlusconi regnante, Veneto leghista, Tajani commissario Ue, la società autostradale citata (che rischiava di morire perché la sua concessione stava scadendo) riuscì a farsi riconoscere a Roma e a Bruxelles una proroga concessionale senza gara per fare ciò che per oltre trent’anni non aveva fatto. Se farà la Valdastico - si affermava in quel documento - la società potrà vivere fino al 2026.  Questo è il secondo punto del ragionamento: l’idea antica dei tre potenti democristiani resuscita solo per lo stato di necessità  di una società autostradale sostenuta da lobby e interessi locali che trovano ascolto nelle sedi giuste. In quel momento non c’era altro mezzo per sopravvivere, evitando la gara europea.

Il terzo punto del ragionamento sono i costi. Questa autostrada costa oltre due miliardi di euro ( 28 chilometri di gallerie!): quasi due terzi della parte italiana del tunnel ferroviario del Brennero. Quasi un terzo delle tratte feroviarie adduttive da Verona a Fortezza. Possiamo permettercelo con la situazione economica e sociale che faticosamente fronteggiamo con molti tagli? Possiamo permettercelo per collegare meglio Vicenza a Trento (risparmiando una mezz’ora) e per far vivere qualche anno una società autostradale in capo ai suoi attuali proprietari?

Non sarebbe meglio spendere quei soldi per finanziare - per esempio - le tratte ferroviarie adduttive al Traforo del Brennero che non hanno fin qui trovato copertura? Cioè per collegare bene l’ltalia alla Germania e completare il corridoio europeo più importante per lo sviluppo comune d’Europa? In alternativa, perché non pensare a una Valdastico ferroviaria o al potenziamento ferroviario della Valsugana? Questo senza parlare delle tariffe. Io non conosco nel dettaglio il piano finanziario della Valdastico Nord, ma per sostenere quei costi nel tempo concessionale dato, immagino che le tariffe sarebbero più quasi triple rispetto a quelle dell’Autobrennero.

Tutte le mie perplessità si sommano quindi a quelle di Marco Boato e immagino che si verificheranno davvero alcuni effetti politici che lui paventa. Anche perché questa è una rivoluzione copernicana della politica locale. Una inversione a «u» di Pd, Upt e anche del Patt.  Sono forse nate a Roma sensibilità diverse sulla questione? Per accontentare il Veneto e la Lombardia? O chi altro? Quali sono le lobby che le hanno sostenute e perché? Qual’è la merce di scambio che verrebbe data al Trentino per il suo via libera? Chi sono i «beneficiari» locali (politici e non) dell’operazione? Non mi riferisco tanto ai partiti «dilacerati», e quindi malgestibili, ma ai capibastone che li usano da dentro e da fuori.

Se questa «merce» fosse la nuova concessione trentennale ad Autobrennero o condizioni molto interessanti per i trasferimenti statali alla Provincia di Trento, forse potremmo capire. Ma la gente, in democrazia, va informata bene delle ragioni che inducono a fare le scelte. Perché abbiamo il diritto e il dovere di controllare. Altrimenti occorre pensare davvero ad un rinascimento.

Per gentile concessione di «Sentire», settimanale web di cui Massimo Occello è direttore responsabile

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