Valdastico, sì al dialogo e poi decidiamo

Valdastico, sì al dialogo e poi decidiamo

di Chiara Avanzo

Agire strategicamente per il futuro della nostra terra, in un momento di rapida mutazione economica e sociale, è una delle priorità dell’azione politica. Per farlo occorre conoscere il passato e valutare il presente, essendo pronti, se necessario, a riconsiderare scelte che solo qualche anno fa potevano essere certamente le migliori ma che, alla luce del cambiamento avvenuto in questi ultimi anni, oggi necessitano di un ulteriore approfondimento.

È quanto si deve fare sul caso Valdastico, che oggi anima il dibattito politico all’interno delle forze di maggioranza e che ci pone di fronte ad una questione che rimane irrisolta da ormai più di quarant’anni. Se da una parte è innegabile che la costruzione di nuove grandi infrastrutture pone problemi di natura ambientale e paesaggistica, dall’altra è a tutti chiaro come sia cambiato in modo evidente anche il flusso di mezzi che attraversano la nostra regione. Chiunque, come me, percorre quotidianamente la SS47 della Valsugana, si trova a dover fare i conti con un traffico sempre maggiore di mezzi pesanti, e non solo, che utilizzano la via tracciata dal Brenta come bretella per collegare il nordest con la Mitteleuropa.

Tuttavia si tratta di una strada a perenne rischio congestionamento, con tratte pericolose dove, come purtroppo anche in questa calda estate abbiamo dovuto registrare, gli incidenti mortali non sono mancati. Inoltre questo aumento del traffico ha conseguenze ambientali per il fondovalle dell’intera Valsugana, dove l’agricoltura riveste un ruolo fondamentale, e per la zona dei laghi di Caldonazzo e Levico, da sempre affollata meta del turismo nordico e biglietto da visita per la nostra intera comunità.
Illudersi che la situazione possa cambiare a breve, con una diminuzione dei passaggi, significa chiudere gli occhi di fronte all’evidenza: dalla zona del Veneto, dal Friuli, ma anche dai paesi dell’est, la pressione per poter transitare attraverso la nostra terra nel più breve tempo possibile è fortissima e l’auspicata soluzione di un rafforzamento dell’asse ferroviario lungo il Brennero appare oggi ancora troppo lontana, poiché è innegabile che la gomma continua ad essere conveniente rispetto alla rotaia. 

Guardando il progetto Superstrada Pedemontana Veneta, in fase di completamento, è chiaro che la nuova via di comunicazione favorirà lo scorrimento dei mezzi lungo la fascia di confine con la nostra terra e lo sbocco naturale per molto di quel traffico diretto a nord, a meno che non vi siano alternative valide, sarà necessariamente la Valsugana, dove certamente la Regione Veneto, senza che noi si possa fare nulla per impedirlo, potrà costruire, fino a ridosso dei nostri paesi, la propria via di comunicazione veloce.
La miopia è il male peggiore per un amministratore: questo non significa dire sì a priori alla costruzione del prolungamento dell’A31 della Valdastico fino in Trentino, ma certamente è lo sprone per riflettere sulla decisione più giusta da prendere. Quanto dichiarato fino ad oggi dal presidente Ugo Rossi è pienamente condivisibile e va proprio in questa direzione: dobbiamo aver chiari tutti gli elementi, considerare quali siano i rischi ed i vantaggi dell’una e dell’altra scelta, capire cosa sia meglio per i trentini e per il futuro dell’ambiente in cui viviamo. Noi abbiamo un compito fondamentale, che è quello di lasciare ai nostri figli un Trentino che sia migliore di quello in cui noi siamo cresciuti: questo si può fare solo attraverso scelte che permettano di difendere quanto abbiamo ereditato e al contempo con una politica che metta in campo una programmazione capace di governare l’inevitabile mutamento che avviene anche al di fuori dei nostri confini. Il dibattito di questi giorni all’interno delle forze politiche trentine è l’occasione per raccogliere idee e suggerimenti, ma dovremo poi fare i conti con quanto accade a sud e a oriente della nostra Regione.

D’altra parte, bisogna essere capaci di sapersi adattare al cambiamento: rispetto a quarant’anni fa la situazione è diversa, certamente deteriorata dal punto di vista del traffico, e per questo non si può pensare che l’immobilismo o il chiudersi a riccio all’interno dei propri confini possano essere la risposta migliore. Semmai è solo un modo per spostare in avanti il problema. Da qui la necessità di sedersi ad un tavolo, con i nostri vicini e con il Governo, e cercare di capire quale percorso si possa intraprendere per far sì che si possano trovare soluzioni ottimali, non solo pensando alla Valdastico, ma anche al potenziamento della ferrovia o altre soluzioni, purché efficaci nel breve e nel lungo termine.
Per questo io dico che si deve andare avanti nella direzione intrapresa dal presidente, ovvero quella del dialogo, senza chiudere alcuna porta. Quando tutte le carte saranno in tavola, potremo davvero capire quale sia la scelta migliore per la nostra terra, pensando prima di tutto alla sicurezza per i cittadini, all’ambiente, al Trentino che vogliamo per le future generazioni.

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