Salviamo le parole e la lingua italiana

Le probabilità che proseguiate nella lettura di questo articolo dipendono dall'interesse che chi scrive riuscirà a suscitare in voi, tramite idee, immagini, concetti, ma sempre e comunque per mezzo di parole. Le parole per dire le cose. Il più bell'aneddoto sulla linguistica che ricordo parla di uno studioso che si presenta al tavolo di una conferenza con un enorme sacco pieno di oggetti, da cui estrae un apparecchio telefonico, un quaderno, una moka del caffè… e poi spiega: «Vedete? Senza le parole saremmo costretti a portarci appresso tutto ciò di cui facciamo uso, per indicarlo»

di Alessandro Tamburini

Le probabilità che proseguiate nella lettura di questo articolo dipendono dall'interesse che chi scrive riuscirà a suscitare in voi, tramite idee, immagini, concetti, ma sempre e comunque per mezzo di parole. Le parole per dire le cose. Il più bell'aneddoto sulla linguistica che ricordo parla di uno studioso che si presenta al tavolo di una conferenza con un enorme sacco pieno di oggetti, da cui estrae un apparecchio telefonico, un quaderno, una moka del caffè… e poi spiega: «Vedete? Senza le parole saremmo costretti a portarci appresso tutto ciò di cui facciamo uso, per indicarlo».

 

Le cose senza le parole non esistono, poiché non possono essere nominate, indicate, definite, così da diventare un'entità condivisa e riconoscibile da tutti. Grandi sono il valore e il potere della parola. Anche una sola a volte è in grado di generare in un istante felicità o tragedia. La parola apre ferite e può lenirle, affanna e consola. Sono sempre stato colpito, ad esempio, della sinistra propensione che hanno certe persone a dire parole cattive, concepite e pronunciate col deliberato intento di ferire. Personalmente non ne sono mai stato capace, allo stesso modo in cui non sarei in grado di mollare a freddo un pugno in faccia a qualcuno.


Negli anni della contestazione si diceva che il padrone sta al suo posto perché conosce più parole dei propri sottoposti, con tutte le implicazioni concernenti una scuola classista, che sceglie anzitempo vinti e vincitori. A livello di Stati, quelli subalterni sul piano economico e politico lo sono diventati anche su quello linguistico. La nostra colonizzazione ha introdotto molte parole italiane nella lingua eritrea, e allo stesso modo noi siamo poi stati colonizzati da altri paesi, Stati Uniti in testa, in termini di prodotti e delle parole che li designano, da computer a Internet, da social network a Smartphone. Gli eschimesi hanno 100 parole per dire la parola neve? No, è una famosa bufala. Cento no, ma dodici ce le hanno davvero. Le parole servono tutte, anzi non ce n'è mai abbastanza per dire la varietà e la complessità delle cose e questa lezione ci è stata impartita anzitutto dai classici, dai grandi autori che hanno plasmato la lingua con la loro opera. Dante e i suoi giovani amici dolcestilnovisti gareggiavano con parole, rime e sonetti per dire l'amore per la donna come mai a nessuno era riuscito prima. Avevano consapevolezza di come la scelta di una parola puntuale ed efficace sia determinante per ricreare un'immagine, un'emozione, un sentimento.


Questa consapevolezza è un valore che oggi appare gravemente minacciato, e troppo spesso smarrito del tutto. Più di un secolo fa il poeta Mallarmé denunciava l'usura del significato delle parole dovuta al cosiddetto linguaggio della tribù, e ancora di più ai nostri giorni registriamo l'impoverimento, l'appiattimento, l'omologazione di cui è vittima l'uso delle parole, in una tribù sempre più omologata già in sé, con una tivù che alla sua nascita insegnò l'italiano agli italiani e oggi glielo fa disimparare, in una società imperniata su pseudo valori di denaro, successo e potere, che nulla sembrano aver a che fare con la cultura e anzi se ne distanziano orgogliosamente.


Uno degli esempi più evidenti riguarda l'abbandono del congiuntivo, reato compiuto ormai con la più assoluta noncuranza anche da persone e in contesti insospettabili. Anche agli sceneggiatori si chiede di evitarlo: la gente non lo usa più e noi dobbiamo parlare la lingua che la gente parla e capisce, altrimenti cambiano canale e guardano qualcos'altro. Davvero un pessimo modo di applicare la tesi hegeliana secondo cui il reale è razionale. Ottimo sistema per accelerare la corsa verso il basso.


Il congiuntivo è un modo complesso, molto più dell'indicativo, e serve per rappresentare eventi possibili, ipotetici, probabili o incerti. Diventa insostituibile per esprimere una speranza, un dubbio, una supposizione, un desiderio. In una parola, è indispensabile e per questo va conservato e difeso. Se si depaupera il linguaggio, ne risulterà impoverita la vita del singolo e della comunità. Anche l'ambiente linguistico ha bisogno di ecologia. Non sono un fan di Nanni Moretti ma la battuta di un suo film è davvero efficace al riguardo: chi parla male pensa male, e chi pensa male vive male.


Riscoprire il significato profondo della parola equivale a fare altrettanto con l'esperienza. Basti pensare a come le parole forse più usate e abusate, come amore, o ti amo, possono deflagrare in tutto il loro potenziale semantico quando dicono un sentimento che stiamo vivendo di persona intensamente. Bisogna imparare sempre più parole e non aver paura di usarle. Vi è capitato di cogliere il momento in cui state pronunciando una certa parola per la prima volta? Magari una ascoltata di recente, risuonata in un modo che ci ha colpito, persuaso. Dirla per la prima volta equivale a impadronirsene e in qualche modo a farla rinascere. A ridarle la natura primigenia e abbagliante, come dice Ungaretti, di: «Tremante parola/ Nella notte/ Come una fogliolina/appena nata…». Per la prima volta a Firenze, il 21 e 22 ottobre prossimi, saranno convocati gli «Stati Generali della lingua italiana nel mondo», su iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, allo scopo di valorizzare le potenzialità del patrimonio linguistico italiano. Per quanti passi indietro abbia fatto il nostro malconcio Paese, dopo inglese, francese e spagnolo, l'italiano è la quarta lingua più studiata al mondo. Adoperiamoci perché resti viva e sana anche in casa sua.

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