Riti amazzonici, novità e tradizione

Riti amazzonici, novità e tradizione

di Luigi Sandri

L’ipotesi di un “rito liturgico amazzonico” per venire incontro agli indigeni che popolano la vastissima area dell’Amazzonia, pone un problema analogo a quello affrontato due millenni fa, quando per “evangelizzare” il mondo di allora la Chiesa nascente fece suoi molti simboli della religione greco-romana.

Ma se oggi quella scelta non suscita domande, in quanto per lo più ignota ai cristiani spesso immemori della loro storia, provoca invece scandalo in alcuni cattolici che accusano di “paganesimo” le aperture del recente Sinodo dei vescovi.
Quell’Assemblea, conclusasi il 27 ottobre, e dedicata appunto all’Amazzonia - un’area di 7,8 milioni di kmq dove vivono anche 2,5 milioni di indigeni - ha infatti deciso, tra molte altre cose (come la possibilità di ammettere al sacerdozio diaconi già sposati), di creare “riti amazzonici”. Una scelta che si comprende se si torna molto indietro nel tempo.

Allorché Gesù nell’Ultima Cena “istituì” l’Eucaristia, stava compiendo un rito - cioè un insieme di simboli e gesti - proprio degli ebrei in occasione della Pasqua. Gli apostoli, agli inizi, celebrarono allo stesso modo quella che oggi chiamiamo “messa”. Ma, diffondendosi nel mondo greco-romano, e sempre più differenziandosi dall’Ebraismo, i cristiani arricchirono il rito con simboli sacri alla religione al tempo più diffusa che, con un tocco di disprezzo, i fedeli del nuovo credo chiamavano “pagana”. In tal modo fu favorita la conversione di massa al Cristianesimo, che pure nel cuore della sua dottrina era radicalmente diverso.

Così templi “pagani” furono trasformati in chiese, naturalmente togliendo le statue di Dèi e Dee, e sostituendole con dipinti e mosaici di carattere biblico, o statue di martiri e di santi propri.
Una “inculturazione” che già nel 1878 fu ben spiegata dal cardinale e grande teologo inglese John Henry Newman, canonizzato da Francesco un mese fa. Egli, a proposito del nostro tema, scriveva: «L’uso dei templi, l’incenso, le candele, gli ex voto in cambio di guarigioni da malattie, le processioni, i paramenti sacerdotali… tutti sono di origine pagana, e sono stati santificati dalla loro adozione nella Chiesa».
Si rimante perciò stupefatti a sentire, oggi, alcuni prelati che, di fronte alla proposta di creare riti amazzonici, hanno accusato il Sinodo o lo stesso papa di favorire il “paganesimo”. Sarà che costoro ignorano le opere di “San John Henry”.

Nella Chiesa cattolica ci sono ventitré riti (il romano è uno di essi), tutti antichi. Dov’è lo scandalo se, accanto a questi, venerandi, se ne creano di nuovi? Anni fa, nel Chiapas - la regione più “india” del Messico - in un seminario ho partecipato a una liturgia espressa con simbologia propria dei Maya, popolo che fu decimato dai conquistatori (cristiani!) spagnoli: fiori, pietre, inni che si fanno rivolgendosi ai quattro punti cardinali. Sono tentativi di “riappropriazione” delle proprie radici: essi, con o senza l’approvazione vaticana, cresceranno, perché i cattolici “indigeni” non sono figli di un Dio minore.

comments powered by Disqus