Papa Francesco e i preti pedofili

Papa Francesco e i preti pedofili

di Luigi Sandri

Sarebbe davvero ingiusto che i preti pedofili - una piccola minoranza del clero - facessero cadere su tutti i sacerdoti e parroci del mondo l’onta del disonore, dimenticando con quanto impegno e coraggio questa grande magggioranza svolga la sua missione.

Questo pensiero è il cuore di una lettera che ieri, 160° anniversario della morte del Curato d’Ars, il papa ha rivolto a tutti i sacerdoti.
Vissuto in tempi perigliosi (1786-1859), perché caratterizzati dagli sconvolgimenti sociali provocati dalla Rivoluzione francese, Giovanni Maria Vianney per molti anni fu parroco zelante ad Ars, un villaggio non lontano da Lione. Perciò Pio XI nel 1925 lo canonizzò, e poi lo scelse come patrono dei parroci.

Attualmente, nella Chiesa cattolica vi sono circa 450mila preti: quelli latini (cioè il 95%) tutti celibi, mentre sono coniugati molti di quelli che appartengono alle Chiese cattoliche orientali. La questione del celibato sacerdotale obbligatorio - che Francesco direttamente non affronta - è dibattuta da tempo; nel Sinodo per l’Amazzonia, che si terrà in ottobre, si discuterà se, per quella zona vastissima (più di sette milioni di kmq), sia utile ammettere i  «viri probati», cioè indios sposati, e con una vita cristiana esemplare, che possano essere consacrati preti. L’ipotesi ha buone probabilità di essere accolta.

Bergoglio evita questa probematica ; e insiste, piuttosto, nell’incoraggiare tutti i sacerdoti dato che, a causa dello scandalo dei preti pedofili - che, secondo statistiche vaticane, riguarda solo il 4 o 6% del clero - spesso vengono accusati in blocco di quelle infamità. Scrive il pontefice : «Qualche tempo fa ho manifestato ai vescovi italiani la preoccupazione che, in non poche regioni, i nostri sacerdoti si sentono ridicolizzati e “colpevolizzati” a causa di crimini che non hanno commesso e dicevo loro che essi hanno bisogno di trovare nel loro vescovo la figura del fratello maggiore e il padre che li incoraggi in questi tempi difficili, li stimoli e li sostenga nel cammino».
Pur ribadendo il suo sdegno per i sacerdoti che violentano minori, e l’urgente necessità di sanare questa piaga, il papa ribadisce che sarebbe insopportabile se le vergognose azioni di pochi facessero dimenticare la dedizione generosa di moltissimi preti alla loro gente.

«Come fratello maggiore e padre - conclude Francesco - anch’io voglio essere vicino, prima di tutto per ringraziarvi a nome del santo Popolo fedele di Dio per tutto ciò che riceve da voi e, a mia volta, incoraggiarvi a rinnovare quelle parole che il Signore ha pronunciato così teneramente nel giorno della nostra ordinazione e costituiscono la sorgente della nostra gioia: “Non vi chiamo più servi, ma amici”».
Nella sua lettera Bergoglio non entra nei temi che, in un mondo - almeno in Occidente - secolarizzato, si impongono per la formazione dei futuri preti e, dunque, per un ripensamento dei seminari (istituzione voluta cinque secoli fa dal Concilio di Trento) e dello “status” sacerdotale. Ma la questione incombe.

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