Siamo specialisti dello sport da divano

Siamo specialisti dello sport da divano

di Sandra Tafner

Non è vero che ai bambini non piace la montagna e men che meno rifiutano di camminare sui sentieri. Solo che ai bambini bisogna inculcarne il gusto, far amare l’ambiente, l’erba, le rocce, gli scoiattoli, il sole, la pioggia. Bisogna insegnar loro la prudenza, la solidarietà e la disciplina. Allora diventerà non solo divertimento, ma anche scuola di vita.

E torniamo sempre lì, al buon esempio, all’insegnamento senza costrizioni ma con la forza del pensiero. Purtroppo i dati che riguardano gli adulti non sono molto incoraggianti, se è vero che per l’attività sportiva - e camminare è il minimo che si possa chiedere - soltanto una famiglia su cinque riserva una spesa seppur modesta nel proprio bilancio.

Del resto circa il 40 per cento degli italiani non pratica alcuno sport, preferendo la comodità di una poltrona davanti allo schermo di casa. Appassionati di calcio, in primo luogo, ma anche di tennis e di nuoto e di altro ancora, purchè da spettatori. Seduti. C’è da dire che esistono differenze tra nord e sud e che il Trentino Alto Adige nella classifica generale fa la sua bella figura.

Soprattutto nei giorni di un luglio infuocato le piscine fanno il pieno, ma non è difficile trovare anche gruppi di giovani che frequentano i rifugi. Qualcuno, organizzato dal Cai, arriva sulle Dolomiti da varie regioni. Ogni volta una meta studiata la sera precedente, lettura dei percorsi, attrezzatura adatta, nessuno con le scarpe da ginnastica ai piedi, ciascuno lo zaino con la giacca a vento e le cose indispensabili. Partono in allegria.

Al ritorno, in allegria giocano sui prati dopo cena e quando la guida li richiama per rientrare, perché nei rifugi bisogna rispettare l’orario e ritirarsi in camera entro le dieci, nessuno aspetta un secondo avviso. Hanno imparato il rispetto degli altri, hanno capito il senso del dovere. E’ un’educazione civica sul campo che spetta alle famiglie, alle associazioni, alla scuola e che non subito e non sempre deve chiedere grandi prestazioni, anche piccole esperienze sono importanti, come quelle già in atto in Emilia e nel Veneto. Si chiamano pause attive, da non confondere con la risicata ora di ginnastica settimanale. La maestra, dunque, interrompe due-tre volte al giorno la lezione e lascia i bambini liberi di saltare, tirare in aria palline colorate, fingere di andare a cavallo sulle sedie, seguire una musica con i movimenti spontanei del corpo.

Appena dieci minuti, ma dicono che i vantaggi per la salute siano evidenti e che aumenti anche la concentrazione. E’ un modo, insomma, per spingerli a svegliarsi dal torpore della sedentarietà che poi troppo spesso se li riprende alla fine delle lezioni durante lunghi pomeriggi chinati sul cellulare e sul computer. E’ la mentalità allora che va cambiata a vantaggio dello spirito e del corpo, visto che tra i 6 e i 10 anni il 34 per cento manifesta un eccesso di peso.

E’ determinante l’educazione in famiglia, però è importante anche la fantasia degli insegnanti, come quelli che fanno ripassare le tabelline (una rarità ormai, come succede per le poesie a memoria) saltellando. Il progetto, che ovviamente ha il supporto del parere medico, si chiama “moving school” e in due anni ha già coinvolto tremila alunni con esiti positivi.

In generale, stando alle raccomandazione dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), i bambini dovrebbero muoversi circa tre ore al giorno. E invece? Invece risulta che in media non superino la mezzora.

Gli italiani purtroppo sono pigri, tant’è vero che il 40 per cento non pratica alcuno sport ma nemmeno si fa una bella camminata, mentre sempre l’Osm fa sapere che l’attività fisica potrebbe evitare in Europa circa un milione di morti all’anno.

Il rimedio più facile e alla portata di tutti è dunque muoversi, camminare, fare una passeggiata o una gita liberandosi dalla schiavitù di tasti da premere e di parole che vengono da lontano fermandosi sullo schermo. Camminare da soli o in compagnia, basta volere, le occasioni non mancano. E decidere in piena convinzione e autonomia, prima che a qualcuno venga in mente di farlo diventare una moda.

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