La voglia dei giovani di tornare alla terra

La voglia dei giovani di tornare alla terra

di Sandra Tafner

Molti anni fa nel mese di maggio il catechista raccomandava ai ragazzi di dedicare un fioretto alla Madonna e tra i fioretti più richiesti c'era quello dell'astenersi dal mangiare le ciliegie. Le prime ciliegie belle rosse e lucide, rinunciare era un sacrificio enorme. Oggi, insieme ai fioretti, sono scomparse anche le ciliegie di maggio, che ormai maturano più tardi.

È pur vero che i negozi le offrono lo stesso come primizie, ma in molti casi non sono autoctone e del resto, se proprio uno vuole togliersi la voglia, può comprare ciliegie anche a dicembre per la cena di Natale. Arrivano da altri Paesi insieme ad altra frutta e ad altra verdura, la globalizzazione permette anche questo e nel contempo toglie il gusto della novità e dell'attesa. Le cose cambiano. Ovviamente non se ne accorgono i giovani che non hanno termini di confronto, ma sicuramente gli anziani ricordano certi sapori che riempivano la bocca, il profumo delle pesche e delle albicocche, le prugne mature, i fichi con la goccia che pareva zucchero fuso. I frutti maturavano sull'albero e si coglievano al momento giusto, solo prodotti di stagione, ogni stagione quei frutti lì, attesi, desiderati.

Uno studio dell'Osservatorio di settore ha analizzato un campione di tremila persone e ne viene che il 33 per cento degli intervistati dichiara che il gusto è peggiorato, non solo, ma che frutta e verdura acquistate in negozio, apparentemente fresche, a casa hanno una durata molto limitata. Se il gusto è mortificato e spesso anche l'olfatto, la vista però è gratificata. Che dire infatti di quelle fragolone gonfie, grosse da non stare in bocca tutte intere, e di quelle mele tirate a lucido, rosse da far invidia a Biancaneve. Del resto è ben difficile trovare chi preferisce le piccole Renette dalla buccia color ruggine che il contadino di solito tiene per sé perché non tirano sul mercato, parenti povere a confronto delle Renette più grandi, verdi e tutte uguali da sembrare coltivate in batteria. È sempre più frequente ormai parlare di cibo, preparazione al giusto consumo, educazione al minimo spreco. Eppure nei cassonetti che raccolgono l'umido sembra che la parte del leone tocchi proprio a frutta e verdura, comprata e lasciata marcire in frigorifero. I meno attenti, sempre secondo le statistiche, sono i giovani e i professionisti che fanno la spesa settimanale ma poi la dimenticano perché quasi sempre mangiano fuori casa specialmente nella pausa pranzo. Il cibo tuttavia non si butta solo in famiglia, succede anche nelle mense dove pare che in media almeno un terzo rimanga nel piatto.
C'è però chi ha deciso di fare il percorso inverso, non più fuga dalla periferia verso la città ma ricerca di altro, di un lavoro diverso, di un ambiente appagante. Protagonisti ne sono i giovani che si trasferiscono nei campi per lavorare, ma con un approccio diverso da quello che piegava in due i nonni per la fatica. I giovani si avvicinano alla terra con nuove conoscenze e nuove tecnologie, mantenendo nel contempo anche lo spirito antico, lo spirito che permette di guardarsi intorno, di toccare le piante, di ascoltare i silenzi. In alcune regioni si sta sperimentando la «banca della terra», superfici incolte da affittare a chi voglia dedicarsi alla coltivazione. Ne verrà un guadagno ma ancor prima una grande soddisfazione, senza dire del contributo fattivo per migliorare il territorio riscattandolo dall'abbandono e, perché no, anche dalle tentazioni della speculazione edilizia.

Giovani che lavorano con entusiasmo, guadagnandosi il privilegio di sentire il profumo delle pesche e di assaporare le fragole. Qualcuno va pure alla ricerca delle varietà d'una volta, rispolverando tradizioni che sembravano definitivamente scomparse. E diventa un fatto culturale.
Il ritorno alla terra coinvolge un numero crescente di new entry, sempre più spesso con una scolarità medio-alta e non soltanto riferita al settore specifico. Altra curiosità, che viene da un rapporto della Coldiretti, è l'aumento consistente delle ragazze sotto i 34 anni che decidono di dedicarsi all'agricoltura, una crescita tripla rispetto a quella dei maschi.
«A Roma - scriveva Orazio - sogni la campagna e quando sei in campagna, incostante, esalti la città». Fino a ieri aveva ragione, forse oggi un po' meno.

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