Trump, un inizio di mandato che fa paura

Trump, un inizio di mandato che fa paura

di Sandra Tafner

Perché non costruire un bel muro che chiuda l’orizzonte per difendere gli americani padroni degli Stati Uniti che hanno la memoria corta e pertanto non ricordano di essere eredi di tanti intrusi arrivati da fuori a mischiare lingue e razze e religioni?

È ben vero che un pezzo di muro già esisteva per separarli dal Messico, ma quello di Donald sarà molto più solido e più lungo. E se il tycoon promette, subito mantiene. Intanto già l’essere chiamato tycoon gli fa piacere, forse più dell’appellativo «presidente» che ancora non ha ben realizzato cosa voglia dire. Tycoon può significare magnate, grandissimo imprenditore, ricco insomma, anche un po’ di più, diciamo ricchissimo, una figura che è sembrata molto affidabile soprattutto a quella classe medio-bassa che gli ha dato il voto perché è l’unico che ha promesso di fare cose impossibili. Intanto metterà tutto in ordine a suon di slogan e tweet, che sono così semplici da capire, poche parole e concetti elementari.

Al popolo non servono tanti ragionamenti, basta assecondare le sue richieste indipendentemente che siano giuste o assurde o addirittura controproducenti nel disegno globale. Qualcuno definisce quell’atteggiamento «populismo» dandogli un significato negativo, ma che importa, non vorremmo star a perder tempo per studiare la storia, per vedere i danni che quell’atteggiamento spesso ha provocato. Un po’ di fascismo? Un po’ di nazismo? Trump non si fermerà. Il Papa dice: lo giudicherò dai fatti, vedremo nel concreto che cosa saprà fare. Però un piccolo dubbio lo butta lì: anche Hitler fu eletto dal popolo, ma poi lo distrusse.

Purtroppo in tempi di crisi il popolo si affida a chi giura di salvarlo, colpi di bacchetta magica a destra e a manca, tutto cambia, il mondo va raddrizzato e che importa se si calpestano i diritti e la giustizia diventa un optional.

Bergoglio non fa il profeta di sventure, ma non nasconde che le premesse devono tenere allertata l’attenzione. Tirar su muri, tagliare i rapporti, chiudersi nel tepore del proprio nido e guardare dall’alto il mondo che se la dovrà sbrigare da solo, perché l’America ha già dato. Obiettivi di questo tenore già sono stati perseguiti altrove, ma in passato, adesso è il futuro. Trump si rivolge al popolo e il popolo lo applaude a prescindere. L’ha incantato.

Il Papa non ama parlare per slogan e se dice che la sua più grande preoccupazione è una terza guerra mondiale strisciante non lo dice con un tweet e neanche firmando ogni giorno davanti alle telecamere documenti che in poche righe sconvolgono situazioni e annullano quel che fino adesso di buono era stato fatto. Il popolo applaude, perché è ricorrente nella storia la voglia dell’uomo forte. E immancabilmente dietro l’angolo c’è sempre chi aspetta il momento per saltar fuori, osannato dal popolo fiducioso e facilmente ingannabile.

Costruire ponti non muri, dice qualcuno che guarda lontano. Ma la gente, quando è esasperata ed ha paura, ascolta soltanto le sirene. E se qualcuno promette che il potere andrà al popolo, il popolo gli crede. Come lo eserciterà il potere? Quale potere? Ci penserà lui e lo annuncerà con un tweet. Applausi. E la smettano di mettere pali tra le ruote, chi se ne importa degli oleodotti o delle macchine che inquinano o della Nato, dell’Onu e della Ue. Non è forse vero che gli americani possono fare quello che vogliono? Sì, siamo i più forti di tutti. Applausi. Adesso anche di più con l’accoppiata Theresa - Donald, vale a dire Gran Bretagna - Stati Uniti che «insieme guideranno il mondo».

Davvero un bel programma, il mondo aspetta. E chissà che a qualcun altro non venga la stessa voglia, dal momento che l’onda lunga prima o dopo arriva sempre anche al di qua dell’oceano.
Ma in fondo sono i media a pensar male, Trump lo ribadisce con disprezzo verso la stampa che definisce il partito di opposizione perché dice sempre bugie. E lui se ne intende. La censura intanto è in lista per gli applausi.

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