Meglio evitare i pessimisti cronici

Meglio evitare i pessimisti cronici

di Sandra Tafner

Se è vero che il riso fa buon sangue, perché non ridiamo di più? Perché facciamo di tutto per renderci la vita difficile, per essere sempre più stufi di come va il mondo? È che al momento c'è ben poco da ridere, però dovremmo provarci. Qualcuno lo fa. In Vallagarina sono attivi due club di yoga della risata, uno si iscrive gratuitamente e segue gli esercizi sotto la guida di docenti che non hanno inventato qualcosa di strano, ma che semplicemente seguono una disciplina ideata vent'anni fa da un medico indiano e diffusa ormai in oltre cento Paesi.  Non è forse meglio ridere che piangere? E non è forse meglio vivere in pace e in armonia senza attaccare continuamente il prossimo? Certi psicologi consigliano di stare lontani dalle persone lamentose e di frequentare soltanto gli ottimisti. Trovarne però!

Il fatto è che ci sono troppi soggetti negativi in giro e non solo tra la gente comune, dove l'insofferenza e l'irritazione costante debordano molte volte in comportamenti sopra le righe che non riconoscono più limiti alla decenza nei rapporti sociali. Ma i soggetti negativi esistono anche tra chi l'esempio dovrebbe darlo per la posizione che riveste e per l'autorevolezza del ruolo. C'è da chiedersi se fra le tante parole che cambiano non cambino anche i significati di quelle che restano. Perché l'autorevolezza, secondo quello che insegnavano un tempo, per prima cosa vorrebbe dire autorità morale, o anche semplicemente prestigio, ma anche capacità di meritarsi la stima di tutti. Basta e avanza.

Ma oggi l'autorevolezza esiste ancora? E vuol dire la stessa cosa? Per prenderla da lontano, guardiamo a quello che succede in America dove si stanno preparando le elezioni. Se mai alla Casa bianca entrasse un tipo come Donald Trump, si potrebbe definirlo un presidente autorevole con quello che dice, con quello che fa, con quello che non sa? Forse la gente potrebbe avere il diritto di aspettarsi una guida che conosce i problemi veri, non che racconta le spacconate da anticamera del cesso, dove a sentir lui gli uomini si scambiano opinioni ed esperienze sulle donne viste come preda o, quando va bene, come giocattolo per far divertire uomini in cerca di trastulli monocordi. Che poi certe donne si prestino a fare questa parte non c'è dubbio, ma la generalizzazione è intollerabile, anzi offensiva. Presidente Trump, la sua preparazione a reggere le sorti degli Stati Uniti con influenza sul mondo intero non fa ben sperare che il mondo migliori.

Non è tuttavia che vadano presi di mira soltanto i politici o aspiranti tali. È ben vero che qualche esempio sopra e sotto le righe potremmo vantarlo anche noi in quel campo, ma parliamo del cittadino qualsiasi, quello che ti spacca la faccia perché ritiene che tu gli abbia fatto uno sgarbo.
Non più tardi di qualche giorno fa a Rovereto, tanto per riprendere un fatto di cronaca, un giovane in macchina ha fermato un automobilista prendendolo a male parole che però non gli sono sembrate sufficienti se è vero che poi gli ha fatto saltare i denti davanti. Per quanto azzardata sia stata la manovra dell'altro - se questo è il motivo - la reazione rientra in quel clima di intolleranza che non trova più limiti per sfociare nella violenza.

E si torna alle parole, al loro significato e al loro uso. Mai come oggi si sente ripetere la parola «odio», un suono che fa addirittura male all'orecchio. E viceversa mai come oggi non si sente pronunciare la parola «dignità». E che dire del rispetto? Il presidente Mattarella ha un eloquio sommesso, ma spesso fa più rumore di chi grida frasi insensate. Il confronto - ripete - deve essere improntato a rispetto reciproco, deve essere composto. Presidente, speriamo che le troppe persone scomposte delle quali sono pieni le strade, gli uffici, i negozi, le famiglie, le scuole e i luoghi della politica riescano a capire quello che lei sommessamente ha detto.

Speriamo che la situazione migliori, così forse qualcuno ricomincia a sorridere. Per ridere ci vorrà più tempo. Anche se c'è qualcuno che ha sempre riso, pur nelle difficoltà della vita. Perché la sua parola d'ordine, quella di Dario Fo, era allegria e impegno civile. Allegri bisogna stare, così l'amico Carlo Petrini gli dà l'addio, perché oggi celebriamo il mistero della vita e della morte, «l'unico mistero buffo della nostra precaria esistenza».

sandra.tafner@gmail.com

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