La paura di aver paura

La paura di aver paura

di Sandra Tafner - NO

Claudio era un bambino diversamente abile, come oggi verrebbe definito. Qualche volta si lamentava: ho paura. Claudio, paura di che? Della paura. E chi stava con lui sorrideva perché sembrava una risposta stravagante. Eppure ogni giorno adesso la gente diventa Claudio, dilagano i timori, il sospetto, la mancanza di fiducia, conseguenza di una società che fa male a se stessa e soprattutto ai più deboli e indifesi. Superfluo, per eccesso di citazioni, ricordare ancora una volta papa Francesco, eppure non si può non sapere che da tempo va ripetendo queste cose, le ha ripetute anche durante il suo viaggio in America e non si stancherà mai di ripeterle finché dalla teoria non si comincerà ad andare al sodo: «Il futuro ci chiede decisioni e misure immediate guardando alle donne e uomini concreti». Perché se le parole non producono effetti restano soltanto sbuffi di vento.

C'è un male di vivere che si sta pericolosamente diffondendo e gli scandali quotidiani continuano a scavare sotto il terreno dell'ottimismo che pure resta sempre in fondo all'anima, pronto a far germogliare fiori e frutti non appena si presentino le condizioni. Ma bastano le immagini di un bambino morto sulla spiaggia, di mille, diecimila, centomila persone che premono per fuggire dalle guerre, dagli attentati, dai soprusi d'ogni sorta per farci incupire e la speranza di un cambiamento non può che cercare piccoli appigli non sempre facili da trovare. Troppi eventi vengono definiti planetari. Esodo planetario, scandali planetari, ingiustizie, persecuzioni. Tutto planetario in omaggio alla globalizzazione. Un pugno nello stomaco i visi stravolti di chi sta camminando da giorni e notti per cercare paesi più ospitali, persone costrette a dormire per terra al freddo, ad aspettare un pezzo di pane, a piangere e a chiedere per pietà, ad assaltare i treni, a cercare scorciatoie per aggirare barriere costruite in fretta da chi ricaccia indietro i «diversi» che vengono a turbare l'esistente.

«Nel mondo ci sono molti falsi diritti - sono le parole del Papa all'Onu - e ampi settori senza protezione». Tra i falsi diritti anche quelli di poter imbrogliare e così ritenersi i più furbi. È di questi giorni l'imbroglio Volkswagen che ha aggirato le regole montando su alcuni tipi di automobili un software per ingannare i test ambientali. Ma imbrogliare chi, soltanto gli altri, quelli obbligati a respirare l'aria inquinata che non è certo un toccasana per la salute? O forse chi ha inventato l'imbroglio vive su un altro pianeta dove le cose funzionano bene e la bramosia appagata di guadagno permette di ritagliarsi bolle personali di aria pulita?

Le notizie allarmano, il cittadino ha l'impressione di essere impotente e ciascuno reagisce come può, con lo smarrimento, con l'indifferenza, con la rabbia. Purtroppo sono sempre meno quelli che sperano e reagiscono. L'ottimismo, insomma, non sorvola il cielo ed agire per dare anche il più piccolo contributo al cambiamento richiede grande forza e determinazione. Anche nel quotidiano l'allarme è sempre pronto a suonare. E allora diventa una musica dolce ascoltare incitamenti che dovrebbero sembrare normale buonsenso e oggi diventano invece qualcosa di più, uno sprone a non ripiegarsi e a non accettare: «Mi preme che venga avvertita la bellezza e la gioia dello stare insieme - dice don Andrea Decarli autore di un testo dal titolo "Custodire l'umano" e da ieri parroco del Duomo e di Santa Maria Maggiore a Trento - in un mondo paralizzato da paure e incertezze». Stare insieme vuol dire molte cose, vuol dire prima di tutto solidarietà, un concetto che sembra perdere valore ogni giorno di più. Vuol dire potersi fidare, mentre invece la fiducia è minata dal sospetto. Sali che ti accompagno a casa, la frase rivolta da un automobilista a un ragazzino che tornava dagli allenamenti di calcio l'altra sera a Villalagarina. Scatta subito la caccia al possibile pedofilo. E se viceversa fosse un atto di semplice gentilezza? Ma il pensare positivo non è di questi tempi e le intenzioni non sono facilmente decifrabili. Ormai s'è diffusa la paura della paura.

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