Food (R)evolution

Come mai si parla così tanto di cibo?

di Francesca Baraldi

Come mai si parla così tanto di cibo? Possiamo individuare alcuni aspetti principali. Il primo: il cibo è cultura: viene rappresentato nelle opere d’arte, di cibo si parla tra le pagine dei libri ed in innumerevoli (troppe?) trasmissioni televisive.

Il cibo è anche comunicazione perché attraverso il cibo trasmettiamo le nostre emozioni: quante volte mangiamo per noia, per rabbia o per festeggiare un avvenimento? Il cibo è anche convivialità e condivisione: ritrovare la famiglia dopo una lunga giornata di lavoro o la domenica raccolta intorno al tavolo, oppure preparare  una cenetta per la persona che si ama, ci rende felici.

Altro aspetto: quando si parla di cibo si parla di salute e quindi di dieta. Perché il primo pensiero, appena sentiamo nominare la dieta, di solito è negativo? La risposta è semplice: non pensiamo mai alla dieta come scelta di semplici regole che ci portano a stare bene. Nell’opinione comune la dieta è costrizione, repressione di (in)sani appetiti, che da noi stessi ci obblighiamo a subire temporaneamente (per fortuna!) allo scopo di eliminare i chiletti di troppo. Ho affrontato questo argomento nelle sei puntate di Food Style, programma ideato e condotto da Maurizia Scaletti, in cui abbiamo parlato di cibo, di dieta e di abitudini alimentari. 

Sabato 21 Febbraio ho assistito alla presentazione dei risultati progetto Ri.Va. (intervento di riduzione del rischio cardiovascolare) condotto dal Dott. Pizzinini e finanziato dal Rotary Club: l’obiettivo era verificare la possibilità di ridurre i fattori di rischio delle malattie cardiovascolari nella popolazione trentina. A tale scopo per sei mesi circa 1000 persone sopra i 40 anni hanno seguito i consigli medici pubblicati sull’Adige e si sono sottoposte prima e dopo la campagna informativa a controlli in farmacia, tesi a monitorare l’andamento di parametri quali  colesterolo, glicemia ecc., questo grazie alla disponibilità di farmacie convenzionate.

I consigli per la riduzione del rischio cardiovascolare sono risultati efficaci, come appare dagli esiti dei parametri metabolici e clinici indagati. In particolare, è emerso il ruolo importante dell’attività fisica nel mantenimento del peso e dei parametri ematici: quella stessa attività fisica che molti di noi non praticano con regolarità per pigrizia, non percependone il valore e l’utilità. Penso che campagne di prevenzione come questa siano di grande importanza per  la salute dei cittadini: prevenire, con l’informazione e l’educazione, è sicuramente meglio che curare.  A questo punto una domanda sorge spontanea: perché affidarsi ad un nutrizionista se può bastare una campagna sul giornale per risolvere certi problemi? La mia risposta è questa: la prevenzione si fa con regole generali, che si adattano ad un grande campione di persone, utilizzando elementi statistici. 

Il nutrizionista, attraverso una o più visite, può ottenere dal paziente collaborante informazioni dettagliate e “personalizzate” sui fattori che portano al sovrappeso o all’obesità. L’importanza del quadro di insieme del soggetto è fondamentale per la formulazione di una dieta specifica: l’energia fornita dagli alimenti cambia a seconda dell’età, del peso e  dello stile di vita, per citare i fattori  principali, e la dieta va proposta  come un abito su misura. 

Il colloquio conoscitivo, ovvero la prima visita, serve al nutrizionista per conoscere le abitudini alimentari ed a comprendere le necessità del paziente : perché non è solo cosa e quanto mangio che ha importanza ma anche perché, come e quando. Il colloquio ruota intorno al cibo, all’alimentazione ma si allarga, se c’è collaborazione, anche al vissuto del paziente, alle situazioni che gli provocano stress, ansia, arrabbiature, insonnia o sonnolenza, fattori di una vita non soddisfacente, che minano alla lunga anche il fisico e che non trovano risposta adeguata nell’eccesso o nella qualità sbagliata del cibo.  Inoltre il dialogo-confronto con il nutrizionista protratto nel tempo  può aiutare il paziente a capire come mantenere le buone abitudini acquisite  ed a verificare, in incontri periodici, l’efficacia delle  proposte del nutrizionista in un percorso controllato ed eventualmente modificabile.  

All’inizio dell’articolo abbiamo parlato di cibo e di emozioni: le abitudini che acquisiamo sono collegate alle nostre emozioni e, se sono errate, è difficile cambiarle. La buona volontà, la determinazione non bastano: sono il punto di partenza, ma serve di più. Se non riusciamo a cambiare le abitudini alimentari ogni intervento  finisce per essere temporaneo, e quindi non risulterà  sufficientemente efficace.  Il nutrizionista aiuta ad diventare consapevoli delle proprie abitudini alimentari errate ed a correggerle: scegliere di fare un percorso con uno specialista di cui ci fidiamo è una strategia vincente per stare bene.

comments powered by Disqus