Da anoressia e bulimia si può guarire

di Michele Pizzinini

Dall’anoressia si può guarire. Disturbi del Comportamento Alimentare sono condizioni caratterizzate da abitudini alimentari incongrue condizionate da un’eccessiva e costante preoccupazione per il peso e per le proprie forme del corpo. Le più note sono l’anoressia e la bulimia.

Molto sinteticamente, l’anoressia si manifesta una spiccata magrezza , dovuta al rifiuto del cibo, una grande paura di ingrassare, la perdita delle mestruazioni e nel non voler accettare un peso normale. La bulimia, condizione che è stata descritta per la prima volta nel 1979, che letteralmente significa “fame da bue”, si manifesta con l’ingestione di grandi quantità di cibo, dette abbuffate, accompagnate da una sensazione di perdita del controllo nell’assunzione del cibo e l’incapacità di fermarsi. Entrambe le condizioni sono spesso accompagnate da comportamenti di compensazione per evitare di ingrassare quali il vomito autoindotto, sedute di attività fisica estenuanti, ed altri meno frequenti.

Per queste problematiche si parla quasi sempre al femminile perché la prevalenza tra le ragazze è di 1:15 rispetto ai maschi. In genere i maschi, anziché esasperare la restrizione calorica tendono ad accentuare il dispendio energetico tramite sedute di attività fisica sempre più frequenti e sempre più intense. Anche questa è una mancanza di equilibrio ma ovviamente molto meno devastante sull’organismo.

Le donne sono molto condizionate da canoni estetici proposti dai media che esaltano la magrezza e le forme corporee che calzano a meno del 3% della popolazione femminile, con il risultato che oggi il 97% delle donne si sentono a disagio con il proprio corpo perché non riescono ad identificarsi con i modelli proposti.

Alla base dei disturbi del comportamento alimentare ci sta una “distorsione dell’immagine corporea”, ovvero queste ragazze percepiscono il proprio corpo in maniera alterata. Focalizzano l’attenzione solo sulle parti che piacciono meno, spesso le cosce e i glutei, e nella convinzione di poterle modificare si accaniscono con comportamenti alimentari esasperati. Purtroppo però il grasso gluteo-femorale è un tipo di grasso che non risponde alle diete perché è una riserva di energia depositata grazie all’azione degli estrogeni, che la donna utilizza solo per l’attività riproduttiva. È un po’ come se quel grasso appartenesse al nascituro e non alla mamma.
A queste ragazze, che purtroppo vedo quotidianamente, ricordo che l’immagine corporea è come la voce. Quando noi registriamo la nostra voce e poi la riascoltiamo non la riusciamo quasi a riconoscere e ci sembra bruttissima. Così è per la rappresentazione del corpo che abbiamo nella nostra mente; ci sembra molto peggio di quanto non la vedano gli altri. Potremmo dire che ognuno di noi non sa come è fatto; riusciamo ad esprimere un giudizio abbastanza oggettivo di un’altra persona, ma non sappiamo come siamo fatti e anziché esaltare gli aspetti positivi ci focalizziamo solo su ciò che non ci piace.

I Disturbi del Comportamento Alimentare sono oggi considerati patologie di tipo bio-psico-sociale perché riconoscono nella loro origine delle condizioni biologiche attinenti alla risposta del fisico al comportamento alimentare incongruo; condizioni psicologiche, determinate dal quadro emotivo dell’individuo e condizioni sociali, perché proprio nel contesto della società moderna in cui viviamo, dobbiamo essere bravi, belli, competitivi e chi più ne ha più ne metta.

Nella stragrande maggioranza dei casi, un DCA scaturisce dopo un periodo di restrizione alimentare, che porta le ragazze ad avere grande soddisfazione dal dimagrimento, con un netto miglioramento dell’autostima. Spesso ricevono rinforzi esterni di chi si complimenta con loro per i risultati ottenuti e vivono in una condizione che è definita di “euforia da dieta”.
In questo periodo le ragazze migliorano la loro efficienza, sono quasi iperattive, spesso diventano più brave a scuola, ricevono complimenti e soprattutto non hanno fame. Anoressia infatti significa “senza fame”. Purtroppo questo periodo ad un certo punto finisce e la fame si fa sentire in maniera esagerata. Come ho già avuto modo di spiegare anche gli animali, ad esempio durante le migrazioni, quando non possono approvvigionarsi di cibo non soffrono la fame, ma quando giungono a destinazione hanno una fame tremenda.
La fame è come il sonno: se non si dorme di notte durante il giorno abbiamo sonnolenza e se non si dorme per tre giorni di fila il terzo giorno ci si addormenta dappertutto. Così è anche per la fame. Se mangiamo poco per tre o più mesi il peso scende ma la fame si “accumula”. Anche le anoressiche dopo un periodo iniziale, successivamente hanno una fame davvero intensa. Talvolta resistono altre volte mangiano e talvolta cercano sistemi di compensazione per il terrore di ingrassare.
La bulimica invece, magari resiste tutta una settimana mangiando 1000 Calorie al giorno ma un giorno presa dalla fame, in genere quando è in casa da sola, si fa travolgere da un attacco di fame ed ingurgita una quantità di cibo che una persona in condizioni normali non riuscirebbe mai a mangiare, passando dal dolce al salato, arrivando a mangiare talvolta anche cibi crudi che necessiterebbero di cottura, come gli gnocchi o i ravioli.
Mi capita di vedere quotidianamente queste situazioni perché spesso, soprattutto all’esordio della malattia, queste ragazze non ammettono di avere un problema e arrivano da me per trovare la dieta giusta per stabilizzare la perdita di peso. Vedono più volentieri un dietologo che uno psichiatra o uno psicologo, perché secondo loro hanno un problema di cibo e non di testa.

In particolare l’anoressia è una malattia che ha un effetto devastante sulle famiglie perché queste ragazze, vivendo focalizzate solo sul loro rapporto col cibo, compromettono pesantemente le relazioni interpersonali, in primis proprio quelle famigliari.
Oggi queste malattie si curano con un approccio multidisciplinare, dove le varie figure: medico, psichiatra, dietista, e psicologo devono cooperare per permettere a queste ragazze di uscire da questa malattia il più presto possibile, prima che diventi una condizione cronica che spesso condiziona pesantemente la vita anche da adulti.

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