Attenta Scienza – Part 2

Attenta Scienza – Part 2

di Open Wet Lab

Nella prima parte di questo articolo abbiamo visto alcune teorie che parte del mondo scientifico condivide riguardo l’omosessualità. Ci eravamo lasciati con una domanda di non facile risposta: come è arrivato fino a noi un genoma (ammesso che esista) che condurrebbe all’impossibilità di procreare naturalmente? Cerchiamo di capire meglio assieme.

Uno degli aspetti più difficili da spiegare per chi è convinto della presenza di una componente genetica per l’omosessualità, è il paradosso darwiniano. Sappiamo che l’evoluzione secondo Darwin è possibile in quanto l’individuo con maggiore capacità riproduttiva – e intendo non solo fertilità, ma anche adattabilità all’ambiente, sopravvivenza rispetto agli altri individui – riesce a trasmettere il suo genoma di generazione in generazione. Esso può subire variazioni che possono aumentare a loro volta la riproduttività. La domanda sorge spontanea: come è possibile che un genoma che predisponga all’omosessualità, quindi per forza all’incapacità riproduttiva, sia giunto fino a noi? Nonostante secondo la teoria Darwiniana, l’omosessualità dovrebbe essere sparita, al contrario è sempre esistita. Una possibile soluzione potrebbe essere dovuta alla presenza di una componente ambientale e sociale che nulla ha a che fare con il nostro genoma. Il dottor Andrea Camperio Ciani, dell’università di Padova, ha proposto invece un altro modello che di fatto sembra risolvere (puramente a livello numerico) parzialmente il problema. In diversi studi, egli asserisce che si possono notare due asimmetrie principali nei pedigree connessi all’omosessualità maschile. Una riguarda il tasso di omosessualità maschile e l’altra la fertilità femminile. E’ stato notato un tasso di presenza omosessuale maschile maggiore nella linea materna rispetto a quella paterna. Attraverso analisi statistiche lo studio mostra come il modello più probabile sia la selezione sessuale antagonista. Il genoma – in questo caso la sequenza di DNA del cromosoma X – predispone all’omosessualità e conduce ad una maggiore fertilità femminile. In questo modo, la variabilità e la stessa presenza di questo tipo di genoma viene mantenuta e trasmessa nelle generazioni.

Ogni volta che finivo di leggere uno dei diversi articoli scientifici riguardo questo tema, non potevo fare a meno di concludere: e quindi? Quale sarebbe il vantaggio della scoperta di una regione genomica legata all’omosessualità? E se anche avvenisse solo tramite fenomeni sociali e ambientali? L’uomo è spesso stato mosso dall’irrefrenabile sete di conoscenza che lo spinge a chiedersi il motivo di molti fenomeni, anche se la soluzione potrebbe portare a letture fuorvianti. Infatti, negli studi recenti, quasi tutti gli autori rimarcano la loro pura curiosità scientifica. Non riesco però a togliermi dalla testa la sensazione, un po’ maligna, che qualcuno utilizzi queste informazioni per andare oltre. Come la storia ci ha dimostrato più volte, le nuove scoperte possono essere utilizzate sempre in due modi: bene o male. Ammesso che gli studi sulla componente genetica dell’omosessualità siano confermati (ora sono solo ipotesi), alcuni pensano che il risultato aiuterebbe a far capire una volta per tutte che, come la differenza occhi azzurri-occhi scuri è dovuta da una variazione genomica, così l’omosessualità è una cosa totalmente naturale scritta nel genoma; altri vedono invece un rischio di discriminazione e di una selezione degli essere umani utilizzando “screening” genetici sui feti per indagare la loro possibile futura omosessualità. Pur vivendo in un panorama scientifico che sta cercando di modificare il genoma umano a livello embrionale, la mia è sicuramente una provocazione. Al momento non sembra così possibile. Ma vent’anni fa non si pensava fosse possibile mandare un foto in due secondi con il cellulare. Non fraintendetemi: la ricerca scientifica è fondamentale. La scienza ci ha aiutato e sempre ci aiuterà a capire meglio la vita e a preservarla, ma forse in questo specifico caso, dovrebbe essere un po’ più cauta. Si “gioca” con il cuore delle persone.

Simone Detassis

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