Attenta Scienza! – PARTE 1

Attenta Scienza! – PARTE 1

di Open Wet Lab

In questi giorni siamo soggetti ad un vortice di parole che ruota, di fatto, intorno ad un unico tema: l’omosessualità. Non voglio entrare nel merito della legge che si sta discutendo in parlamento o delle questioni civili e legali. Vorrei invece concentrarmi su ciò che alcuni scienziati hanno pensato e pensano tutt’ora riguardo l’omosessualità. Poichè la procreazione avviene attraverso il rapporto sessuale di un maschio e una femmina, l’omosessualità, principalmente con l’avvento del Cristianesimo, è stata vissuta come qualcosa di anomalo, strano e spesso da evitare. Come una malattia. Così, nel corso degli anni, vari scienziati hanno cercato una causa da associare a questo fenomeno, esattamente come viene fatto per le condizioni considerate biologicamente anomale.

Fino a qualche decennio fa si pensava che l’omosessualità fosse una deviazione da correggere. Nel 1974 l’omosessualità venne cancellata dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali pubblicato dall'American Psychiatric Association. Veniva però ancora considerata un disturbo mentale dall’OMS, cioè un’alterazione psicologica e/o comportamentale relativa alla personalità dell'individuo che causa pericolo o disabilità e non fa parte del normale sviluppo psichico della persona. Solamente nel 17 maggio 1990 l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) cancellò l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali, definendola per la prima volta “una variante naturale del comportamento umano".


Prima del diciannovesimo secolo tutte le spiegazioni riguardo l’orientamento sessuale mancavano di qualsivoglia oggettività scientifica. Le religioni, come si può immaginare, avevano una forte influenza sul giudizio dei propri fedeli, i quali, non potendo accettare qualcosa che deviasse da quanto di 'giusto e naturale' creato da Dio, erano portati ad etichettarlo come demoniaco. I primi tentativi scientifici di spiegare l’omosessualità derivano da Freud. Egli sosteneva che l’omosessualità rifletteva una sorta di prematuro imprinting nello sviluppo psicosessuale. Freud non escludeva fattori ereditari, ma credeva principalmente che l’errato sviluppo psicosessuale fosse dovuto all’assenza o presenza, rispettivamente, di un padre o una madre dominante. Altri studiosi hanno attribuito questo fenomeno alla seduzione nell’infanzia da parte di un fratello o amico dello stesso sesso. Altri ancora alla quasi totale assenza di donne o all’eccessivo periodo di  castità durante lo sviluppo. East (1946) attribuiva l’omosessualità alla confusione durante il periodo in cui il soggetto imparava le normali regole sessuali. Kardiner (1963) disse che invece si doveva attribuire la colpa alla società che chiedeva ai ragazzi di essere sempre più “uomini” e qualcuno, fallendo, si sarebbe sentito inadeguato e più vicino all’altro sesso. Un’altra teoria introdotta negli anni ’50 è quella dell’imprinting.

Alcuni scienziati che si dichiaravano vicini a questa teoria, tra cui, Lorenz, Smitt e Young sostenevano che i primi due anni di vita fossero caratterizzati da neutralità sessuale, ma durante il secondo o terzo anno, esperienze casuali avrebbero potuto cambiare lo sviluppo dell’orientamento sessuale a lungo termine. Tutte queste teorie però sono accomunate da un’unica stroncante verità: l’assenza di prove. Spesso venivano formulate in base alla pura esperienza dello studioso nell’ambiente e nel tipo di società in cui viveva. Qualcuno, per esempio, affermava di aver osservato una maggiore omosessualità maschile rispetto a quella femminile; o i teorizzatori dell’imprinting non sapevano definire quali potessero essere le cosiddette esperienze che modificano lo sviluppo dell’orientamento sessuale.


Esiste un'altra categoria di scienziati che credeva (e tutt’ora lo fa) ad una preponderante componente “interna” come causa scatenante dell’omosessualità. Ci sono alcune teorie riguardo alla presenza di alcuni fattori biologici che porterebbero ad una predisposizione all’omosessualità. In uno studio del 1975, Wolf-Gunther Masius e colleghi dimostrarono che in topi maschi, la mancanza di androgeno durante l’organizzazione dell’ipotalamo portava alla formazione di un cervello con caratteristiche di tipo femminile e comportamento omosessuale. Il loro tentativo, supportato anche da altri studi, fu quello di associare questi risultati anche all’uomo. Ovvero, prendendo due gruppi di uomini omosessuali ed eterosessuali, mostrarono la stessa fluttuazione ormonale vista nei topi e la collegarono quindi all’orientamento sessuale. La teoria più condivisa sembra però essere l’associazione tra l’omosessualità e alcune variazioni genomiche all’interno della regione Xq28. Attraverso studi di associazione, alcuni scienziati avrebbero dimostrato che la presenza di particolari variazioni nella sequenza del DNA in quella specifica regione del cromosoma X porterebbe ad un’alta predisposizione verso l’omosessualità. In questa zona del genoma sono codificati diversi geni che hanno ruoli nello sviluppo nervoso, neuroendocrino, nella neurotrasmissione e anche nella spermatogenesi. Uno tra questi è la vasopressina che influenza, tra le altre cose, i comportamenti sociali e affettivi.

Come nel primo caso (fluttuazioni ormonali), anche questa teoria, seppur supportata da diversi studi, manca di validità statistica. Con questo voglio dire che il numero dei casi analizzati è spesso insufficiente per dare robustezza allo studio, soprattutto per una caratteristica umana così complessa che come tutti i comportamenti umani presenta un fenotipo “continuo” e non “discreto”: come una scala di colori, non bianco o nero.  Quando non è nota una componente genetica specifica legata al fenotipo (ovvero, l'insieme di tutte le caratteristiche osservabili) che stiamo osservando e siamo costretti quindi a cercare variazioni genomiche comuni che ne possano fungere da “mappa”, il fattore “quantità di dati esaminati” svolge un ruolo preponderante. Altri studi infatti, come quello svolto da George Ebers, giungono a conclusioni diverse e affermano l’assenza dell’associazione fra Xq28 e l’omosessualità. Le teorie che ho citato mancano quindi di una vera e propria conferma, relegandole semplicemente a ipotesi.

Uno degli enigmi che gli scienziati che credono nell’esistenza della componente genetica omosessuale cercano di risolvere, è il paradosso Darwiniano. Come è arrivato fino a noi un genoma che condurrebbe all’impossibilità di procreare naturalmente?

Lo scoprirete nel prossimo articolo!

SIMONE DETASSIS

 

Referenze:

“Neurohormonal Functioning and Sexual Orientation: A Theory of Homosexuality Heterosexuality” - Lee Ellis and M. Ashley Ames - Psychological Bulletin (1987)

“A Neuroendocrine Predisposition for Homosexuality in Men” - Gunter Dorner, Wolfgang Rohde, Fritz Stahl, Lothar Krell and Wolf-Gunther Masius - Archives of Sexual Behavior (1975)

“Genome-wide scan demonstrates signifi cant linkage for male sexual orientation” - A. R. Sanders, E. R. Martin, G. W. Beecham, S. Guo, K. Dawood, G. Rieger, J. A. Badner, E. S. Gershon, R. S. Krishnappa, A. B. Kolundzija, J. Duan, P. V. Gejman and J. M. Bailey - Psychological Medicine (2014)

“A Linkage Between DNA Markers on the X Chromosome and Male Sexual Orientation” - Dean H. Hamer,Stella Hu,VictoriaL. Magnuson,Nan Hu, Angela M. L. Pattatucci – Science (1992)

“Male Homosexuality: Absence of Linkage to Microsatellite Markers at Xq28” - George Rice, Carol Anderson, Neil Risch, George Ebers – Science (1999)

 

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