EBOLA #1 Che cosa sappiamo sull’ebola?

Cinque domande per comprendere al meglio l’emergenza ebola

di Open Wet Lab

Cinque domande per comprendere al meglio l’emergenza che in questi ultimi mesi sta interessando il nostro pianeta.

Molte sono le parole che ci possono tornare in mente per riassumere quello che è stato il 2014. Una tra tutte, che ha fatto smuovere persone, organizzazioni e perfino interi paesi, è “ebola”.

Secondo WIRED e Google, ebola è stata la parola più cercata sul web dagli italiani nel corso dell’estate passata. Nei social network la questione è diventata virale. Grazie alla velocità e alla facilità nell’utilizzare questi mezzi, migliaia di utenti ogni giorno contribuiscono ad alimentare l’allarmismo e la disinformazione, che, purtroppo, si sono diffusi quasi più velocemente del virus che ha colpito l’Africa occidentale.
Quotidianamente abbiamo a che fare con le notizie riguardanti l’attuale epidemia di ebola, ma quanto conosciamo veramente il protagonista della vicenda?

Grazie alle risposte di cinque semplici domande, scopriremo come mai il virus dell’ebola è diventato così tristemente famoso negli ultimi mesi e cercheremo di sfatare eventuali dubbi o allarmismi, in modo da poter affrontare questo argomento più preparati di prima.


Che cos’è l’ebola?

Il nome Ebolavirus, è composto dalle parole ebola, che deriva dal nome di un fiume della Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), e virus, che ne descrive la sua natura. Con virus intendiamo un agente infettivo di dimensioni microscopiche costituito da materiale genetico che rappresenta una sorta di codice dove sono mantenute le informazioni necessarie per compiere il suo ciclo replicativo e da un rivestimento protettivo di proteine. I virus sono classificati in base alle caratteristiche del materiale genetico che trasportano ed esistono attualmente sette gruppi di appartenenza. Secondo il Comitato Internazionale per la Tassonomia dei Virus (ICTV), Ebolavirus appartiene al gruppo V, cioè dei virus a RNA a singolo filamento negativo. Appartenenti a questo gruppo sono anche il virus del morbillo, della parotite epidemica e della peste bovina.
Al giorno d’oggi si conoscono cinque specie di Ebolavirus, nominate secondo il luogo dove sono state scoperte: Bundibugyo ebolavirus, Reston ebolavirus, Sudan ebolavirus, Taï Forest ebolavirus e Zaire ebolavirus. Lo Zaire ebolavirus è il responsabile dell’epidemia dello Zaire del 1976 e dell’attuale epidemia in Africa occidentale. Attualmente lo Zaire ebolavirus è costituito da un solo ceppo, chiamato EBOV, noto comunemente con il nome Ebola virus.

Come si trasmette?

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L’Ebola virus si può trasmettere mediante contatto diretto con sangue, tessuti, organi, escrementi o fluidi corporei di animali infetti. Si pensa che l’infezione attuale sia iniziata proprio dalla manipolazione di scimmie, antilopi, istrici, gorilla, scimpanzé o pipistrelli della frutta trovati morti o catturati all’interno delle foreste dell’Africa centrale. Si ritiene che l’ipotetico paziente zero dell’attuale epidemia facesse parte di una famiglia di cacciatori di pipistrelli.
Una volta avvenuto il primo contatto con un umano, il virus si può diffondere con più facilità all’interno della popolazione. La trasmissione avviene, come per il contatto con gli animali, attraverso il sangue e i fluidi corporei di una persona (urina, feci, saliva e sperma). La trasmissione dell’Ebola virus NON avviene attraverso le zanzare e la manipolazione di denaro.
Le persone maggiormente a rischio sono: i familiari a contatto con le persone infette, gli operatori sanitari delle strutture di cura, personale adibito al trattamento dei corpi infetti e cacciatori della foresta pluviale per la possibile vicinanza con animali vivi e morti infetti.
Il periodo di incubazione dell’Ebola virus si estende dai 2 ai 21 giorni e i pazienti sono considerati contagiosi fino a quando il virus è presente nel sangue e nei fluidi corporei.

Qual è la storia del ceppo?

La prima apparizione dello Zaire ebolavirus risale al 1976 nello Zaire dove provocò 331 decessi su 600 persone colpite. Il giovane ricercatore Peter Piot, assieme ai suoi colleghi, si interessò di questa nuova malattia aspettandosi di scoprire un nuovo ceppo di febbre gialla, molto comune nei paesi africani. Si fece spedire campioni di sangue infetto nel suo laboratorio in Belgio e iniziò gli studi. I risultati portarono alla luce che non si trattava di febbre gialla ma di qualcosa di sconosciuto. I ricercatori iniziarono a pensare di trovarsi di fronte ad una nuova malattia contro la quale il laboratorio belga non era attrezzato.
Poco dopo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ordinò al gruppo di ricerca belga di trasportare immediatamente i campioni a Porton Down (Inghilterra) e Atlanta (USA) in laboratori più adatti. I risultati furono finalmente analizzati: la nuova malattia scoperta nello Zaire è causata dal virus più lungo mai osservato a forma di verme, molto simile ad un altro virus conosciuto, il Marburg, che uccise diversi ricercatori di un gruppo tedesco qualche anno prima a causa di un incidente di laboratorio. Il virus prese quindi il nome della zona dove fece la sua prima comparsa.
A distanza di 38 anni dalla sua prima apparizione, il virus continua ancora ad uccidere: in totale sono stati 21.261 i casi registrati, a cui sono seguiti 8414 decessi.
(Fonte WHO, 14 Gennaio 2015)

Quali sono i sintomi?

I sintomi iniziali causati dall’Ebola virus sono visibili ma spesso sottovalutati. La persona infetta sviluppa inizialmente una febbre improvvisa, mal di gola, dolori muscolari, mal di testa e debolezza generale.  Conseguentemente, si riscontra l’insorgere di vomito, diarrea e nausea per una fase che può durare fino a 10 giorni circa.
La malattia prosegue il suo corso con la comparsa di emorragie interne ed esterne, disturbi renali ed epatici, disfunzioni respiratorie e del sistema nervoso.
Il decesso del malato avviene a causa della disidratazione e per i danni interni al corpo dovuti alle emorragie e gravi disfunzioni degli organi.

Come prevenire il contagio?

L’Ebola virus di per sé è poco resistente: la luce solare e un clima secco consentono al virus di sopravvivere per poco tempo all’esterno di un portatore, mentre l’utilizzo di saponi e candeggina per lavarsi o pulire indumenti contaminati basta ad uccidere questo organismo.
Al momento purtroppo non esiste un vaccino approvato in via definitiva contro l’Ebola virus. Le procedure da eseguire per aumentare la probabilità di sopravvivenza sono: idratare la persona malata, mantenere stabili i livelli di ossigeno nel sangue, limitare eventuali complicazioni dovute da infezioni e controllare la pressione arteriosa. Naturalmente queste procedure devono essere eseguite in locali medici appositamente preparati per evitare che il contagio si propaghi all’esterno, infettando il personale o altri ricoverati.

Nel prossimo articolo parleremo in specifico del pericolo dell’Ebola oggi: perché è un’emergenza e perché non bisogna averne paura.

Michael Broccardo

Fonti:

http://www.cdc.gov/vhf/ebola/
http://www.nlm.nih.gov/medlineplus/ency/article/001339.htm
http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs103/en/
http://www.livescience.com/topics/ebola-outbreak/    
http://apps.who.int/gho/data/view.ebola-sitrep.ebola-summary-20150114?lang=en

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