Black Circus: il debutto con un EP fra blues e feroce rock’n’roll

Black Circus: il debutto con un EP fra blues e feroce rock’n’roll

di Fabio De Santi

Sono sei i brani che danno forma alla tracklist del primo cd, l’Ep omonimo, dei Black Circus. Un lavoro che viene presentato dalla band trentina venerdì 30 marzo, alle 21,30, con un live alla Bookique. Il trio formato da Luca Bertoldi, Denis Rossi e Andrea Casna punta a intrecciare, come ci racconta in questa intervista, le radici della musica del Delta del Mississippi ad un rock’n’roll più feroce ed essenziale.

Come nasce il progetto Black Circus?

«Circa due anni fa ci siamo trovati in tre, Denis, Luca e Daniel che all’epoca suonavano rispettivamente nei Matleys e negli Otterloop con l’idea di avere un secondo gruppo dove riscoprire la musica delle origini e poter suonare qualcosa di scarno ed essenziale ma allo stesso tempo immediato. Poi Daniel viene sostituito da Andrea e da lì in poi il sound della band si è definto i sempre più fino a diventare quello che si ascolta nel nostro debutto. In seguito, grazie anche a performance live sempre più convincenti e ai feedback positivi ricevuti ci siamo resi conto dell’importanza che cominciava ad assumere ilprogetto e di conseguenza a metterlo come prioritario nelle nostre vite di musicisti».

Quali radici ha il vostro sound?

«Il punto di partenza è quello delle origini della musica americana, di quel blues bagnato dalle acque del Delta del Mississippi. Una delle tracce presenti nel disco è anche un omaggio molto chiaro a questo tipo di musica ed ai suoi più celebri interpreti ma anche in altri pezzi emergono, in termini di sonorità e di arrangiamento, le basi del rock blues e del country rock mischiate ad influenze legate ad un rock più classico. I nostri punti di riferimento si rifanno sempre a band che hanno saputo fondere la musica del Mississippi Blues con sonorità più moderne e legate al punk e all’alternative, per fare alcuni nomi : Black Keys, John Spencer Blues Explosion, Black Rebel Motorcycle Club, White Stripes».

Vi presentate con un Ep di sei brani, quasi un album...

«C’era quest’idea di fare uscire un EP di 4-5 pezzi ad inizio 2018 facendo una selezione sulle canzoni scritte in un anno e mezzo dalla band, i pezzi però ci convincevano a tal punto da inciderli tutti realizzando una sorta di disco che è una via di mezzo tra un EP ed un album. Nel disco ci sono diverse collaborazioni come quelle di Luca Giordani e Georgia Maria Tsagris (violino e pianoforte in Many Tiny Worlds), Marco Sirio Pivetti (rec e missaggio) e Mauro Andreolli (mastering) che hanno contribuito in maniera importante alla buona riuscita di questo lavoro».

Quale importanza hanno i testi nel vostro immaginario?

«I testi hanno sicuramente una rilevanza notevole nelle nostre canzoni, per noi è fondamentale comunicare e raccontare qualcosa che sentiamo nostro o che ci influenza e condiziona nella vita quotidiana. “Fear is the brightest gun” è un testo ispirato al romanzo autobiografico “Educazione di una canaglia” di Ed Bunker, dove la paura da arma potentissima che viene puntata contro noi stessi può trasformarsi in una preziosa ed essenziale risorsa che ci obbliga al superamento di certi ostacoli, è in lei che troviamo l’opportunità di superarci. La paura è la pistola più brillante, il segreto è trovarsi dalla parte giusta dell’arma. Something’s left parla essenzialmente delle cose che rimangono, il dolce sapore di un bel ricordo, di una cosa capitata o voluta fortemente, la voglia di gridare al mondo che sei vivo, la volontà di battersi per ciò che sentiamo più vero e profondo così come le indelebili delusioni per certe speranze e sogni svaniti, le ferite mai del tutto chiuse, la rabbia e la voglia di dimenticare, dimenticandoci che più ci sforziamo di farlo più il ricordo rafforza le sue radici nella nostra mente. “Tell me please all about you” è una sorta di preghiera mai detta, una richiesta di confidenza totale con le persone che incontriamo lungo il nostro cammino segnato da innumerevoli peripezie, la volontà di conoscerne fino in fondo le molteplici sfaccettature, l’entusiasmo genuino e incontaminato di chi vuole coglierne l’essenza più profonda abbattendo muri e maschere che troppo spesso limitano la profondità dei nostri rapporti. “Many tiny worlds” è una ballata malinconica che ripercorre nella musicalità e nel testo una relazione del tutto personale, e lo fa attraversando appunto molteplici piccoli mondi, piccoli gesti che restano indelebili nella memoria nonostante il tempo, quei piccoli mondi interiori che sono stati messi a nudo dalla sincerità di un sentimento tanto semplice quanto complesso. “Mississippi” è la storia di un uomo di colore che, ormai vecchio, ripercorre da dietro le sbarre i ricordi di un’infanzia trascorsa tra il lavoro nei campi di cotone e i pomeriggi e le nottate spese a suonare l’armonica tra paesaggi dorati e quei locali della città dove il miglior blues prendeva vita dal talento dei musicisti del suo tempo, finché un giorno è costretto ad uccidere un uomo per difendere la propria vita ma questo atto di difesa non gli viene riconosciuto dalle autorità e finisce in prigione. Mississippi vuol essere un inno alla libertà, al canto libero, all’espressione del proprio io, Mississippi è un immenso elogio alla musica blues e alle sue radici, è un amarcord felliniano che vuol essere più forte di un futuro crudele e ingiusto. “After Midnight” descrive l’impotenza che si prova in alcune situazioni, quando ci si spoglia di qualsiasi maschera e ci si rivela per quello che siamo realmente, fragili ed inermi. Descrive la disillusione di chi scappa dai propri problemi credendo di risolverli, di chi ha tagliato alcune relazioni sociali pensando fossero la causa del suo male, di chi scarica le proprie colpe su qualsivoglia essere superiore per fuggire alle proprie responsabilità. Vuole però anche raccontare che i domani possono essere giorni migliori se noi lo vogliamo, l’importante è trovare nuovi modi per sorridere sotto la pioggia».

Il primo video è legato al singolo «Tell me please all about you».

«Il video è stato coprodotto da UploadSounds grazie alla selezione che ci ha visti vincitori della Winter Call assieme ad altre 5 band del Trentino Alto Adige. Le immagini invece sono state realizzate da Cecilia Bozza Wolf e Alex Zancanella aka “Vergot Films” e, come il testo del brano, è ispirato al film dei fratelli Coen “O Brother, Where Art Thou?” dove tre galeotti evadono dai lavori forzati alla ricerca di un fantomatico bottino nascosto. La scelta del soggetto, con richiami all’America di fine Ottocento, è legata al nostro punto di partenza musicale così come la citazione della famosa leggenda di Robert Johnson che vendette l’anima al diavolo in cambio dell’abilità nel suonare la chitarra. Nel video sono presenti poi numerosi altri riferimenti cinematografici facilmente riconoscibili, dai film di Tarantino allo spaghetti Western».

Vi sentite parte di una scena trentina, intendo trovate affinità con altre band o avete in vista qualche collaborazione?

«Pur apprezzando numerose band trentine troviamo molto difficile parlare di una scena musicale che possa definirsi tale. Molto probabilmente ciò è dipeso dal fatto che gli spazi per la musica dal vivo in città sono sempre meno e che il rock e la musica live al momento non stanno passando un buon momento, questo anche a livello nazionale».

comments powered by Disqus