Sanremo tra cover e piccioni

di Fabio De Santi

È l’altra faccia di un Festival che macina record di audience nelle desolate praterie catodiche del digitale terrestre. Anche ieri (giovedì 11 febbraio) 10 milioni di italiani sono stati ipnotizzati dall’algida coppia De Filippi - Conti e dall’assoluta banalità delle prime tre serate sanremesi.

Tutti sul palco fanno il loro compitino, anche bene a volte, come Mika (nella foto) che ha fatto...Mika. Deliziosa la sua cover di George Michael. Crozza ha fatto il Papa, una delle sue maschere più riuscite risollevandosi dai grigi interventi di martedì e mercoledì.

Sul fronte musicale, vista la pochezza delle canzoni originali che ci siamo sciroppati nei primi due show, si è trovata una certa consolazione auricolare nella galleria di omaggi più o meno riusciti che ha segnato la «gara delle cover» vinta meritatamente da Erman Meta in versione Modugno.

Meritano invece vendetta le intrepretazioni di Albano, che proprio non è entrato nel mood di «Pregherò» e Alessio Bernabei che ha rovinato «Un giorno credi» di Edoardo Bennato.

Da raccontare c’è poco altro e infatti, sfogliando i giornali, per riempire i buchi è scattato pure il tormentone sul totopresentatore per l’edizione 2018 (ci minacciano già con Bonolis e Fazio).

Intanto impazzano le analisi filologiche sulla citazione di Totti che mercoledì notte ha evocato il piccione (titolo di una canzone di Povia) scatenando l’ira dei tifosi laziali, visto che i romanisti sono soliti degradare l’aquila biancozzurra appunto nel meno nobile volatile.

Questioni di rivalità calcistiche, Er Pupone che prendeva a pallonate le prime file dell’Ariston è già un cult. Cose che, a quanto pare, scaldano di più i cuori delle canzonette, fatta eccezione per i gatti (44) e i moscerini evocati dal coro dell’Antoniano di Bologna: i bambini hanno scatenato in molti «l’effettone nostalgia» legato ai tempi d’oro dello Zecchino D’Oro fra mangiadischi e ‘45 giri dello scorso millennio.

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