Vicinanza a un sindaco che ha dato speranza

Vicinanza a un sindaco che ha dato speranza

di Giancarlo Bregantini

Il dibattito si è fatto vivacissimo. E è diventato un caso nazionale. Su cui, spesso, i cuori si dividono davanti agli arresti domiciliari del sindaco di Riace, Mimmo Lucano. Per questo, penso opportuno porre alla vostra attenzione la mia riflessione che ho diffuso in questi giorni. Ho espresso la mia profonda amarezza e dolore. Per lui e per tutta la comunità del paese e della Calabria tutta, dove sono stato Vescovo per ben 14 anni.

Sento perciò di dire una parola di vicinanza e di solidarietà, che possa essere di conforto all’amico Mimmo e di luce per tutti i fedeli della zona. Infatti, ritengo che l’agire di questo sindaco, coraggioso e tenace, sia stato fecondo di bene e fortemente progettuale. Ha colto l’occasione che gli era stata posta dai fatti, quella cioè di accogliere anni fa un vascello di cittadini Curdi, che per caso era sbarcato sulle coste del suo paese. Ha sentito dentro un grande movimento di umanità, che lo spingeva alla solidarietà diretta e fattiva. In questo cammino, ha coinvolto progressivamente l’intero suo paese, Riace. Specie il centro storico, dove ha potuto così riattivare e riabitare tante case vuote, perché i proprietari erano emigrati altrove. Terra quindi di emigrazione, la Calabria. E perciò terra che meglio può esprimere un cuore vivo di empatia relazionale.

Proprio su questa empatia relazionale ha poi proseguito il suo cammino, sostenuto personalmente anche dalla nostra Chiesa di Locri - Gerace. A tratti è stato un itinerario anche rischioso, spesso dovendo scontrarsi con logiche di comodità o di interessi malavitosi. Ma di certo, è stato un uomo lungimirante, un sindaco che ha capito che solo valorizzando gli immigrati si porterà beneficio ai nostri cittadini italiani. Non uno contro l’altro, ma solo insieme. Ha creato benessere per tutti, riaperto la scuola, riattivato antichi mestieri che nessuno ormai faceva ma che erano la salvezza economica della Calabria dando lustro a quella terra, che così diventava famosa non solo per l’arte dei bronzi, ma anche per la forza dell’umano, oggi. Ha poi sempre mantenuto un atteggiamento collaborativo, pur dentro una forte spinta profetica,che lo portava a guardare ben oltre gli steccati ristretti del paese.

Confido nella magistratura perché possa far luce su tutta questa dolorosa vicenda. Sento però che tutto potrà essere chiarito se si spegneranno quei toni polemici di chi cerca non la verità ma la vittoria di opinioni personali interessate. È in gioco il bene comune del paese.
Chiedo alla politica di riflettere bene su questo «modello», specie in questo momento di grandi battaglie, per evitare che in futuro il binomio tra sicurezza e migranti diventi negativo e di contrapposizione. Teniamo sempre presente l’articolo 10 della Costituzione, come ci ha raccomandato il Presidente Mattarella. Lo sintetizzo così: rispetto del diritto internazionale; esercizio delle libertà democratiche e diritto di asilo nel territorio italiano. Sono regole che sono di luce anche in questa vicenda di Riace.

I migranti perciò, come si impara da Riace, sono una risorsa non un pericolo. Riattivano paesini che stanno morendo, come già constatiamo con tanta trepidazione anche in Molise. Accoglierli con saggezza e con un buon piano di integrazione, specie insegnando loro la nostra bella lingua italiana, renderà più aperti i nostri cuori e le nostre città. Perché è vero quello che scrive papa Francesco, nella sua Evangelii Gaudium, quasi descrivendo la piccola Riace: Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo!(210).
È con queste parole di luce che affido al Signore questa sofferta vicenda umana e sociale, certo che il Signore aprirà nuove strade di speranza e di consolazione per tutti.



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